Riportaimo alcune osservazioni “per chi ancora ama il cinema” pervenuteci da Luigi Binetti, che il cinema lo ama e lo conosce bene. Riguardano tre recenti film che in vario modo si riferiscono allo spinoso problema del lavoro, tra l’arte di arrangiarsi e la necessità di sbarcare il lunario.

A proposito di “Le Vie del Cinema 2025”
di Luigi Binetti
Tra i 7 film della Rassegna “Le Vie del Cinema” che ho visto di recente (tutti devo dire di livello piuttosto alto) ne segnalo tre.
Lucidissima analisi su cosa è diventato il lavoro al giorno d’oggi, nell’epoca dell’intelligenza Artificiale, delle App, della tecnologia imperante, la fornisce il film francese “Pied d’Ouvre”. Racconta di un fotografo quarantaduenne che lascia la professione piuttosto ben retribuita per dedicarsi alla sua grande passione, la scrittura. Ma dopo un paio di libri di successo, perde ispirazione e certezze. Dovrà affrontare un lungo periodo irto di difficoltà, vivrà sull’orlo della povertà estrema, accontentandosi di lavoretti malpagati che gli vengono offerti da un Algoritmo freddo e impersonale, ma saprà reagire, analizzando e mettendo a frutto la sua esperienza. Capire, adattarsi e scendere a compromessi.
Ecco quello che ci racconta il film “Pied d’Oeuvre”. Se dovessi fare un raffronto con talune mie esperienze lavorative di una decina di anni fa, e con le difficoltà di rapportarmi con alcuni capi o con le direttive aziendali, beh potrei dire che esse appartengono ormai a un passato remoto, se non addirittura a un’altra era. Non dico di più, è uno di quei film da vedere assolutamente. La regista è Valerie Donzelli, di cui ricordo un altro magnifico film di diversi anni fa, “La Guerra è dichiarata”. Sarà distribuito nelle nostre sale.
Anche il film thailandese “Human Resources” ci parla di lavoro, di solitudine e di un mondo senza speranze sul futuro. Fren, sposata e incinta di poche settimane, conduce una serie di interviste a giovani laureati in cerca di lavoro per conto della sua Società. Il suo capo è a dir poco odioso e ingiusto. Fa da sfondo una Bangkok grigia e impersonale, una città dove perfino la cortesia orientale sembra uno sbiadito ricordo, e ciò che funziona è senza un’anima, senza un briciolo di calore umano, tutta improntata al business. Conviene a Fren mettere al mondo e far crescere un figlio in un simile contesto? Non so se sarà distribuito in Italia, film non consigliabile a chi è già depresso di suo.
Decisamente amabile, anche se non alieno da problemi spinosi e molto contingenti (uno sfratto è imminente) è la pellicola messicana “Vainilla”. Siamo verso la fine degli Anni Ottanta, una bambina di otto anni, Roberta, con la passione per le foto istantanee, osserva la sua famiglia composta da sette donne che, tra risate e litigi, ricette e canzoni, colpi di spazzola e vizietti vari, affronta il quotidiano non certo facile. Come ha ben scritto un critico a Venezia, è facile davvero empatizzare con questo gruppo femminile, la cui coesione, pur nelle differenze dei caratteri e nelle bagarre causate dalle forti personalità di ciascuna, emana una forza sublime e commovente. Siamo agli antipodi del film Thailandese. Mi piacerebbe davvero che qualche distributore lo noti e abbia il coraggio di proporlo, ma non ne sono affatto sicuro.

